Ottobre, carezze d’Autunno

Autunno racchiude nel suo etimo i significati di abbondanza (da augere: ‘ricolmare’) e piacere (la radice sanscrita au è ‘saziarsi’, ‘godere’).
La Natura offre infatti ora, generosamente, gli ultimi frutti di un lungo lavoro e lo fa vestendosi dei colori più caldi e vivaci: i toni del rosso, arancio e giallo si irradiano dalla terra al cielo restituendo in materia l’energia assorbita nei mesi passati. E’ abbondanza, l’ultima, prima di spogliarsi ed entrare nel riposo, ed è la conclusione di un ciclo che parla di compiutezza.

Là dove la terra è addomesticata e l’uomo ha continuato con sapienza il compito della creazione affidatogli dal primigenio dono divino, i campi sono già stati arati, pronti ad accogliere il seme e a custodirlo in grembo fino alla primavera. Il contadino sa che per lui è tempo di fermarsi, di lasciar agire le forze del buio, le stesse che operano nel sonno, o nelle botti, trasformando l’uva in vino.
Anche noi gente di città dovremmo rispettare questo passaggio armonizzandoci a ritmi lenti e pacati. Respirando autunno.

Una comunicazione sensibile
Nelle terre selvagge, il frutto si separa dalla pianta, il seme dal frutto, le foglie dai rami… tutto è accolto dalla terra e tutto accade spontaneamente, mentre tanti piccoli “figli degli dèi”, come chiamava Omero i funghi per il loro improvviso apparire, portano a termine il ciclo decomponendo e rendendo nuovamente disponibile la materia organica.

Passeggiare in Natura, ecco cosa dovremmo fare: osservare i colori e la metamorfosi delle piante mentre lasciano andare.Portare a compimento e poi lasciar andare: riusciamo a farlo, noi?
Stabiliamo una comunicazione sensibile con quanto ci circonda ‘onorando’ San Francesco, la cui ricorrenza è proprio il 4 ottobre. Francesco di Assisi ascoltò la “lingua degli uccelli”, rispettò gli alberi come sacri e considerò ogni creatura e elemento sorella e fratello, vivificando un dialogo empatico tra gli esseri che ha ancora la sua bella attualità (sapete che è anche patrono degli ecologisti?). Il suo Cantico delle Creature è uno degli inni al creato più animisti nella religione cattolica ma è rimasto testo poetico, senza diventare preghiera liturgica, probabilmente per il suo vibrante panteismo.

E se nelle nostre passeggiate ottobrine trovassimo una fonte o un pozzo – magari potremmo cercarli di proposito – gettiamoci un fiore! Ripeteremmo un gesto antico che i romani compivano intorno a metà mese nel celebrare Fontinalia, la festa delle sorgenti e del dio Fontus, figlio di Giano. Un motivo per ringraziare l’acqua c’è sempre.

Energia di stagione
Rinnovando l’invito a consumare frutta e verdura di stagione, aggiungo che i frutti di questo momento sono cresciuti nell’ardore dell’estate e imprimeranno alle nostre cellule la memoria di quel sole. Sono pere, mele, uva, kiwi, prugne… Maturano lentamente anche i cachi, col loro bel colore arancio, e si apre la stagione della melagrana, antico frutto dell’area mediterranea ricca di sali minerali (ferro, potassio, zinco, rame, etc.), vitamine (A, B e tanta vitamina C), antiossidanti e simbolismo: fecondità e ricchezza per la quantità di arilli in un sol frutto, perfezioni divine per la mistica ebraica e fecondità spirituale per quella cristiana. Tre voluttuosi chicchi di melagrana legarono Persefone all’Ade, costringendola a ritornarvi e, quindi, alla stessa sorte del Sole che si inabissa adesso nel ‘mondo di sotto’ per risalire sulla Terra a primavera.
Mandorle, nocciole, noci e pinoli sono ora maturi, come pure le castagne. Ildegarda di Bingen le considerava un superfood, diremmo oggi, assieme al farro e al finocchio. Contengono minerali ed elementi che agiscono da neurotrasmettitori, stimolando le funzioni nervose e cerebrali. Altamente energetiche, sono adatte agli sportivi, agli anemici e astenici.

Inizia il tempo di cavoli, finocchi, spinaci, topinambour e radicchio mentre, per favore, accomiatatevi da pomodori e cetrioli, peperoni, ravanelli e zucchine, non mangiatene più! Uscire dalle abitudini, quando sono pigrizia, è solo salute.
Tra fine di ottobre e inizio novembre è stagione di raccolta delle olive, da cui stillerà il prezioso oro liquido delle regioni mediterranee.

Sempre attingendo alle conoscenze benedettine di Ildegarda, l’olio di oliva miscelato a succo fresco di ortica diventa “l’olio della memoria”. Ne va frizionata qualche goccia alla sera sul torace “e la smemoratezza svanirà”.

Articolo apparso su BioEcoGeo

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