il Vischio

In questo periodo dell’anno in cui le sagome asciutte dei grandi alberi si profilano su cieli algenti una passeggiata in natura potrebbe regalarci un insolito incontro: alzando di poco lo sguardo all’insù saremmo infatti in grado di scorgere, posato tra i rami, un globoso viluppo di foglioline verde brillante. E’ il vischio, arcana presenza dei boschi che ostenta la sua bella vitalità proprio nel tempo austero dell’inverno, suggendo linfa dalla pianta ospite senza però indebolirla né arrecarle troppo disturbo. Il vischio dalle bacche biancastre (Viscum album) sceglie meli e peri, olmi, pioppi, aceri e conifere mentre quello giallo (Loranthus europaeus) si sposa solo con la sacra quercia, l’albero della sovranità celeste e terrestre e custode della folgore, che è l’espressione più possente del Fuoco Divino.

E’ speciale da sempre il vischio, legata al tempo sacro del dicembre: se ne sta sospeso tra il Cielo e la Terra e sia nel colore delle bacche sia in quella tonalità dorata dei rami una volta raccolti custodisce la promessa fulgente del sole solstiziale e, simbolicamente, rappresenta il cuore pulsante della vita che non smette di battere neanche nel corpo inerte di chi dorme, come un albero in questa stagione.

E così, non poteva non essere pianta taumaturgica e magica.

I druidi staccavano le sue fronde con un falcetto d’oro nei giorni propizi evitando cadesse a terra per mantenere incorrotti i suoi poteri, mentre la medicina popolare lo considerava una panacea: dalle ferite ulcerose alla gotta, dalla fertilità all’epilessia, che è il ‘mal che fa cadere a terra’, questa pianta ultraterrena curava o rendeva invulnerabili, ossia non faceva ac-cadere il peggio. Per magia omeopatica, scongiurava anche fulmini e incendi e lo si appendeva alto, a soffitti e porte, un po’ come facciamo ancora oggi a Natale, ripetendo un gesto secolare che ha perso la sua valenza originaria, eppur ne custodisce intimamente la storia.

E i baci? Oh, quelli sono una consuetudine che nasce dalle pagine letterarie di Charles Dickens quando il signor Picwick, nel tempo di Natale, fece accomodare una gentil dama sotto il mistico cespuglio -appesa al soffitto del salone, il va sans dire!- prima di darle il padre di ‘tutti i baci sotto il vischio’: viviamoli come una speranza o un desiderio da scambiarsi a fiori di labbra nel tempo che rinasce!

La Forza e il Veleno
Viscum mescola nell’etimo ‘forza, potenza’ (vis) e ‘veleno’ (inteso come ‘succo’ o ‘liquido vischioso’ che fuoriesce da piante o animali e agisce in modo pernicioso) ed è un’ambiguità che ben si addice alle sue caratteristiche officinali. Se le bacche son tossiche all’uomo, le foglie hanno numerose proprietà terapeutiche ma vanno usate con estrema cautela: agiscono moderatamente sull’ipertensione -le si trova infatti in composti assieme a biancospino e olivo – sulla tachicardia nervosa e la cefalea (ipertensiva). I principi attivi sono sensibili al calore, per cui vanno macerate in acqua fredda: ciò evita anche il rilascio delle componenti tossiche, le stesse che sono da tempo in studio per gli effetti antitumorali, ma si sconsiglia ogni iniziativa personale a uso interno.

Invischiare è antica opera dei cacciatori che un tempo ricoprivano bastoncini o fuscelli con la pania, sostanza appiccicosa ottenuta dalle bacche del vischio di cui gli uccelli son ghiotti (il sistema oggi è vietato). Invischiarsi è quindi di chi resta coinvolto in situazioni dalle quali è poi difficile liberarsi, pur avendo ali per volare.

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