Salice: tra acqua e terra

Dovremmo chiamarlo fluttuante invece di piangente, questo albero elegante e leggiadro che cresce sulle sponde di canali e laghi lasciando ricadere la sua chioma di rami flessuosi ad accarezzare quell’acqua che sembra amare più della terra. A settembre regala riverberi  in una mezzombra luminosa e fresca, ideale a ridestare l’energia adatta al momento di passaggio verso l’autunno.

I salici sono un connubio di acqua e aria, sacri un tempo a poeti e musicisti perché il fruscio del vento tra i rami portava ispirazione: quella necessaria ora, per i nuovi progetti cui dedicarsi dopo la pausa estiva.

Il salice piangente è arrivato in Europa dall’Estremo Oriente lungo la Via della Seta solo verso la fine del 1600, distinguendosi subito per la bellezza. Qui ha incontrato gli antichi parenti della numerosa famiglia delle Salicacee, un po’ più rustici e ‘di campagna’ rispetto alla sua ornamentale finezza, ma da sempre fedeli compagni dell’uomo che li ha impiegati per creare oggetti utili nella quotidianità e per curarsi.

Tra i più insigni è il Salice bianco (Salix alba) o argentato, così chiamato per il colore grigioverde del tronco e il bianco avorio della pagina inferiore delle foglie, lunghe e arcuate come spicchi di luna,  suprema governatrice delle acque e dei flussi, alla quale tradizione e mitologia lo hanno da sempre accostato.

Come tutti i salici, lo incontriamo facilmente al confine tra mondo solido e fluido e ci dà l’esempio di come la Natura offra una cura nello stesso luogo in cui può esserci la malattia: affondando i piedi nell’acqua senza soffrirne, non solo compatta e rende solidi argini e rive, ma sviluppa virtù terapeutiche per le affezioni legate all’eccesso di freddo e umidità: reumatismi, dolori ossei e febbri.

La scienza moderna ci dice che la corteccia dei giovani rami è infatti ricca di salicina – presente anche nei pioppi e altre piante ma isolata proprio dal salice nel 1828 –  dalle proprietà febbrifughe, analgesiche e antiinfiammatorie, ma  erboristi e tradizione popolare lo sapevano già, perché impiastri e decotti preparati con giovani cortecce e foglie sono citati anche in testi egizi di 2000 anni fa, erano consigliati da Ippocrate 400 anni prima di Cristo, poi da Dioscoride e Paracelso (che ne sottolinea la maggior efficacia in luna piena) e l’uso non fu mai abbandonato, perché incisivo soprattutto sui dolori: articolari e muscolari, di testa e, anticamente, anche quelli del parto.

Dal momento della ‘scoperta’, la salicina è stata protagonista di una serie di ‘febbrili’ ricerche che hanno condotto in poco tempo all’acido acetilsalicilico, la molecola brevettata e immessa sul mercato nel 1899 dalla Bayer col nome di Aspirina, ad oggi uno degli analgesici e antiinfiammatori più impiegati al mondo.

Intrecci quotidiani

I Romani chiamavano i salici anche vimen, cioè vimine, uno dei nomi per identificare i suoi rami flessuosi, resistenti a ogni torsione e di rapidissima crescita dopo ogni potatura, e stabilendo un altro legame importante con questa generosa pianta. L’arte dell’intreccio dei vimini ha permesso infatti di creare ceste, panieri e culle adatte ad accogliere e proteggere, fresche stuoie, sedie eteree ma resistenti e, un tempo, anche impenetrabili recinti per gli animali.

E se non troviamo più salici sul colle del Viminale, che ne ricorda l’antica presenza solo nel nome, possiamo scorgere i Salix viminalis accanto alle vigne, capitozzati ogni anno per produrre velocemente sempre nuovi vimini, o vinchi, usati anche per la tradizionale legatura dei tralci di vite.

  • Raccogli alcuni rami di salice e intrecciali a formare una ghirlanda tondeggiante come una luna: appesa ad una parete di casa ti ricorderà di essere flessibile nell’accogliere la ciclicità, anche quella delle stagioni.
  • Nel repertorio dei rimedi di Bach, Willow è preparato dai fiori del salice e adatto a chi si lamenta della propria situazione “perché la vita è ‘ingiusta’, incolpando le circostanze, o gli altri. Il fiore rimuove dal ristagno emotivo dell’auto-compatimento e rivitalizza le energie mentali necessarie a impegnarsi in modo costruttivo nella propria vita.
  • Raccogli una dozzina di foglie di salice bianco e cuocile per 3 o 4 minuti in 2 tazze di acqua; lascia infondere per una decina di minuti e filtra. Una volta raffreddato usa il preparato per sciacqui a gengive infiammate e sanguinanti.
    La salicina può avere effetti irritanti sulle pareti dello stomaco e non è adatta ai soggetti intolleranti ai salicilati, ma il suo uso esterno è sicuro. 

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